Il 28 giugno 1914 Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono dell’impero d’Austria-Ungheria, e sua moglie Sofia vengono uccisi a Sarajevo. L’autore del gesto è Gavrilo Princip, membro del movimento Giovane Bosnia. E’ l’atto che viene universalmente considerato come la miccia che accende la Prima Guerra Mondiale. Da quel giorno l’Europa non sarebbe stata più la stessa: le vecchie dinastie sarebbero state travolte dal conflitto (e dalla Rivoluzione, come in Russia), la Belle Epoque sarebbe stata cancellata, sarebbe nato il cosiddetto Secolo Breve.
Ma chi erano Francesco Ferdinando e Gavrilo Princip? Come sono arrivati al tragico appuntamento di Sarajevo? E, soprattutto, che cosa rimane nella memoria di due personaggi che avrebbero inciso in modo così decisivo nella storia? Eric Gobetti, storico specializzato nelle vicende jugoslave, ha intrapreso questo viaggio in “Sarajevo Rewind”. Ce lo racconta: “Il libro fa parte di un progetto più ampio insieme con il documentario, di cui è uscito il dvd. Nel 2013, un anno prima dal centenario di Sarajevo, siamo partiti io e Simone Malavolti, che ha scritto la prefazione del libro. Lui ha seguito i movimenti di Gavrilo Princip, che viveva a Belgrado, io quelli di Francesco Ferdinando, dall’Austria. Abbiamo fatto interviste effettuato riprese. Siamo anche stati vittime di un furto del materiale che avrebbe potuto danneggiare il progetto. Ma, alla fine, ce l’abbiamo fatta”.
Come si è preparato a questo viaggio?
“Sono uno storico, sono partito dagli archivi. Innanzitutto volevo capire quali erano stati i due percorsi, dove si erano fermati, che cosa avevano fatto. E poi volevo capire quel mondo, quell’epoca, quella particolare parte dell’Europa, le sue città, come viveva la gente comune e come vivevano Francesco Ferdinando e Princip. Ho provato a ricostruire la storia intorno a queste due figure”.
Due figure che hanno portato ai colpi di pistola che hanno cambiato il mondo.
“Eppure c’è stata un’estrema casualità nell’evento: un primo attentatore che getta la bomba, il corteo che prosegue comunque, l’incontro con Princip. Però alla fine si capisce come l’attentato non abbia avuto un significato storico, la guerra sarebbe potuta scoppiare per qualsiasi altro motivo. Anzi, nei primissimi giorni post-Sarajevo non c’è la sensazione che si possa arrivare a un conflitto. Eventi del genere accadevano in tutta Europa: l’attentato a Umberto I in Italia, quello a Elisabetta di Baviera, la principessa Sissi. Ma non era mai scoppiata una guerra, non era scontato il rapporto causa-effetto. Invece, dopo Sarajevo, si cavalca politicamente la cosa e in un mese e mezzo scoppia la guerra”.
Cosa si scopre di nuovo in Francesco Ferdinando e in Princip?
“Sono due figure molto interessanti. Abbiamo giocato molto su passato-presente anche perché si guarda sempre la storia con gli occhi di oggi. Entrambi hanno elementi di grande modernità. Princip è quello più semplice, è il ragazzo con poca esperienza, ha 19 anni. E’ un terrorista, tutti lo immaginano tipo Isis. E un poco gli assomiglia. Lui e il suo ambiente si votano totalmente all’ideale: sono atei, astemi, non fumano, non vanno a donne, quasi ascetici. Ma, per un altro verso, sono l’opposto del terrorismo di oggi: volevano costituire una Jugoslavia unita, avevano una visione inclusiva. Francesco Ferdinando è molto contraddittorio. Apparteneva all’altissima nobiltà europea, con tutta la sua freddezza, le sue durezze, la sua antipatia di fondo. E lui era realmente antipatico. Ma si innamora di una nobildonna che non è abbastanza nobile. Per di più ceca, della Boemia. Nonostante l’ostilità della corte, riesce a convincere l’imperatore e la sposa. Francesco Ferdinando ha un’idealità interessante. Capisce che l’impero multietnico e multinazionale è in crisi, pensa a una riforma innovativa: agli Stati Uniti della Grande Austria, governati da Vienna. Un’anticipazione, se vogliamo, dell’Unione Europea. Mi sono divertito a chiedermi che cosa sarebbe successo se fosse vissuto. Avrebbe potuto trasformarsi in un modello politico”.
Ogni capitolo è introdotto da una citazione musicale: si va dai Frankie goes to Hollywood al Bel Danubio blu.
“Una scelta molto legata al film. Sono musiche che ci suonavano nella testa: alcune descrivono l’epoca che voglio raccontare, altre sono collegate dalle storie e ogni capitolo del libro è una piccola storia. La musica lo caratterizza”.
Oggi si pensa che un evento tipo Sarajevo possa sconvolgere il mondo in cui viviamo.
“Gli storici dicono che ci si deve occupare del passato e non prevedere il futuro… Nel mio lavoro bibliografico, fatto di tanta narrativa e saggistica, mi ha colpito molto “I sonnambuli, come l’Europa arrivò alla grande guerra” di Christopher Clark. Descrive quel periodo alla perfezione, un mondo realmente di sonnambuli. Pensavano che la Belle Epoque dovesse durare in eterno e nemmeno chi governava si accorgeva che si stava andando verso la catastrofe. Come l’orchestra che suonava mentre il Titanic affondava. Mi sembra che stiamo vivendo la stessa situazione, che però può magari durare altri cento anni, come sarebbe potuto succedere allora. E’ molto casuale – come un secolo fa – che da un attentato si passi alla guerra. Il mondo di oggi è parecchio sensibile per le tensioni: il nuovo terrorismo, l’Europa in difficoltà, gli uomini forti come Trump e Putin. E noi abbiamo la convinzione di poter viverlo comunque a nostro agio, magari senza accorgerci di come possa crollare ciò che ci sta intorno”.