C’è poesia in una pasta scotta, c’è poesia nel frigo pieno e nelle zucchine che marciscono nel cassetto in basso. Scrivere la “verità” è necessario per non creare una pelle finta, per non banalizzare concetti, per non ritrovarsi vicini e tutti uguali con le stesse scarpe allacciate strette strette che poi si soffoca, è chiaro. Fotocopiati, con gli stessi “vocaboli poetici” rimanendo in una superficie che descrive il superfluo; una pellicola per alimenti. Se scrivo di cereali quindi è la mia colazione, se scrivo del freddo è quello che avverto e i polpastrelli di cui parlo hanno proprietari mori.
“E dentro luccica” è la verità di parole quotidiane da non cercare nel vocabolario, è la mia poesia da mangiare che non ama complicazioni e si riempie di dettagli. La base è quello che ho a destra e a sinistra, che arriva dove mi arrivano gli occhi e che posso calpestare. Ogni pezzo in questa raccolta è un “abc elementare”, che si ritrova in casa, sopra il tavolo del soggiorno, niente è forzatamente evocativo. Nessun esercizio, rime contate, niente che rientri in uno schema. La mancanza è un fulcro denso, vi vorticano intorno sensazioni di pancia e tutto quello che più o meno sbadatamente è stato necessario per me ricordare.
Giulia Fuso