Petr Král è un poeta Ceco, surrealista. Questa raccolta è stata tradotta da Laura Angeloni, dal Ceco, ed è la prima edizione Italiana.
È una raccolta complessa (per stimoli e immagini contenute) scritta con parole semplici che hanno una capacità evocativa disarmante.
Alcune poesie sono quasi definizioni da vocabolario, certo, un vocabolario molto sensoriale e ricco, che partono quasi sempre da una visione soggettiva e che, strada facendo, spesso ma non sempre, si fa oggettiva. E qui, sta la magia, l’incantesimo della parola. Stravolgere tutto, dire: ah, non ci avevo pensato! Oppure: sì, è così anche per me, sono le parole che non trovavo. Altre poesie sono fotografie istantanee dai colori nitidi, altre bambole matrioska.
Definire un oggetto non è mai semplice, perché l’oggetto è più della sua forma, del suo colore, o materiale con cui è fatto. L’oggetto ha uno scopo, che a volte è lo scopo di chi lo ha pensato, tradotto, imposto a una società. L’oggetto qualche volta fa e disfa, diventa la misura del nostro giorno, lo scandisce, si fa metro.
Questo libro scritto in una prosa, deliziosa, solo apparente, è un’esperienza sinestetica; vi farà superare la cecità emotiva e sensoriale. Ho avuto l’impressione, spesso, di trovarmi tra le mani un libro interattivo, un pop-up.
La parola chiave è: stupore. Lo stupore del poeta davanti a tutto ciò che si conosce già, a memoria. Eppure è nei dettagli di ogni singolo gesto, degli oggetti, di un pensiero, che trova spazio la capacità personale di interpretare nuovi modi, nuove conoscenze, nuovi utilizzi.
Apre la raccolta un testo sul caffè. Bere il caffè al mattino che cosa può evocare? Cosa fa un sorso caldo all’interno del nostro corpo? Chi eravamo prima di quel caffè e come ci sentiamo dopo? E così, una colazione che ci ricorda le cure dell’infanzia, nostra madre.
Che cosa può diventare una camicia che ci accarezza, se riusciamo a coglierne i dettagli nel tessuto, nei bottoni, o una scala che non è soltanto fatta di gradini ma è una forma che ci permette la meditazione, il raggiungimento di una consapevolezza, il superamento di una porzione di spazio nell’atto stesso della sua misurazione.
Il treno non è solo un mezzo di trasporto ma diventa il paesaggio stesso che ci sfila davanti, diventa un inganno per i sensi quando ancora in sosta, con noi seduti, vediamo quello vicino partire, diventa un quadro in movimento con la nostra immagine che specchiandosi si fonde con l’esterno che ci corre incontro veloce, ci investe.
“I nostri treni non vanno più a vapore, ma il loro respiro è comunque più ampio dei binari che percorrono e dell’itinerario stabilito”.
Perché di stabilito sembra non esserci proprio niente; una porta, per esempio, è uno sbarramento. Uno sbarramento che non vede l’ora di essere oltrepassato, che permette il passaggio di una lettera attraverso la fessura inferiore, la porta ha una serratura, che può essere aperta in mille modi, con mille toni e determinazioni dati dai movimenti della mano, che ha un dentro e un fuori che ci attende o da cui vogliamo rimanere separati. Una porta può suscitare desideri e dubbi.
E così, se ci pensiamo, la luce, che può essere discreta o fastidiosa, inquisitrice o rassicurante, così come la fica o una cipolla possono diventare un universo completo non solo sensoriale.
Anche le azioni, quelle che ci sembrano routinarie come il passeggiare rivelano intenzioni e influiscono sulle nostre coscienze. L’affrontare una curva può dare “un senso a tutto il viaggio, trasformarlo in gioia permettendo di indugiare in un passaggio ” ricordandoci che anche i piaceri dell’amore risiedono nelle curve senza le quali, cito, si tratterebbe solo dell’ottuso movimento di inserimento ed estrazione di un pistone.
Gli oggetti ci permettono di evadere, con i loro particolari sui quali ci perdiamo a immaginare infiniti modi del sé e al tempo stesso, però, ci ancorano alla realtà. Insomma, un bel casino:
Lo spettacolo:
Ancora una volta, al mattino, assistere stupiti allo spettacolo del posacenere, dei bicchieri e della caraffa che immobili misurano la pianura del tavolo.
Petr Král ( Praga 1941), poeta e membro del gruppo surrealista ceco, lasciò il suo paese per Parigi, esule, nel 1968, per ritornarvi nel 2006. Ha pubblicato, scrivendo in ceco e in francese, diverse raccolte di versi, tra cui enquête sur des lieux ( Flammarion 2005), e curato (e tradotto) le importanti antologie: Le Surréalisme en Tchécoslovaquie (Gallimard 1983) e Anthologie de la poésie tchèque contemporaine 1945-2002 (Gallimard 2002).
Rilevante la sua attività saggistica e critica, in campo letterario e soprattutto cinematografico (dipolomato alla FAMU di Praga, è stato anche sceneggiatore).
In Italiano si può trovare la raccolta poetica Tutto sul crepuscolo (Mimesis, 2014), e alcune poesie tradotte dal ceco ( Annalisa Cosentino) e dal francese ( Massimo Rizzante) in “Testo a fronte”, 36, 2007.
Nozioni di base è stato tradotto da Laura Angeloni dall’originale ceco, raffrontando puntualmente il testo con l’edizione francese ( Flammarion 2005). Questa è la prima edizione italiana.