La poesia di Stefano Colucci è quella delle piccole cose contemporanee: il Mc Donald’s, la metropolitana, La La Land, le felpe giganti, i gol di Totti, Whatsapp.
In La confusione non è mai stata così bella (Miraggi Edizioni), Colucci condensa tutta la concretezza dell’esistenza, ne coglie i particolari tipici dell’età giovanile, stila liste di cose attuali, elenca film e quadri da vedere (“cosa vuoi che me ne freghi/dei tramonti/del mare/dei film di Tarantino/dei quadri di Klimt”) usa il linguaggio di tutti i giorni, le parole quotidiane, pesca i termini nella rete delle conversazioni giornaliere tra ragazzi, (“perché quando andiamo al Mc Donald’s/mangi come se/nessuno ti stesse guardando/ e te ne freghi di ciò che gli altri pensano di te. Mi piaci…”).
Qui ci troviamo di fronte alla nuova poesia, quella che nasce su Instagram o sui social network in generale, quella che riceve migliaia di like, che piace perché è diretta, chiara, schietta. Basti pensare a Guido Catalano o a Gio Evan.
Stefano Colucci ha quasi 37mila followers su Instagram, i suoi post ricevono migliaia di mi piace e numerosi commenti. Il suo modo di fare poesia piace perché cattura, coinvolge ed è comprensibile a prima lettura. È la poesia dei Millennials, è la poesia pop; funziona e vende numeri di copie che gli altissimi della Letteratura si sognano. È la poesia che senza pretese raggiunge il suo pubblico, lo immerge in quella atmosfera Tumblr che tanto piace, lo trasporta dentro una promessa di vita che alletta, lo catapulta dentro la scena di un film in cui lei si alza dal letto, gira mezza nuda per casa e lui la guarda con occhi innamorati sotto lenzuola bianchissime. Questa è la poesia del sogno, è ciò che una ragazza vorrebbe sentirsi dire, è il dipinto di scene semplici, ma platoniche, o perlomeno rare.
“La notte non dormo/guardo il telefono/ogni cinque minuti/ho venti messaggi/ma nessuno è il tuo”.
L’amore fa da sfondo all’intera raccolta di Colucci, un amore tenero e adolescenziale, l’amore che un attimo spinge in altro tra gli eroi e un attimo dopo lacera (“Abbiamo litigato di brutto/ci siamo detti di tutto/ma mai addio”). Questa raccolta è un invito a rendere grande tutto ciò che di piccolo e quotidiano ci circonda perché per essere felici bisogna essere innamorati, di qualcuno o del mondo.
La critica si divide quando si parla di questo genere di poesia, e a ragione. Niente, però, può far male alla poesia e, anzi, questo è un modo efficace per avvicinare i più giovani a questo genere letterario. Si cerca la brevità e la poesia è breve, si cerca la semplicità e la poesia 2.0 è semplice.
I giovani sono liberi, impauriti e innamorati e questa poesia qui, la poesia di Stefano Colucci, i giovani li capisce, li comprende e gli dà esattamente quello di cui hanno bisogno: qualcosa di familiare in cui rintanarsi.