Un romanzo biografico emozionante sulla vita di Vladimir Jaščenko, campione e primatista mondiale di salto in alto sovietico della seconda metà degli anni Settanta. Il romanzo è basato su innumerevoli fonti e documenti, e sulla testimonianza diretta del coautore Igor’ Timohin (amico dell’atleta e autore in Ucraina di un libro sull’argomento).
La vicenda sportiva breve e unica di un personaggio anticonformista per l’ambiente sovietico di quegli anni, la vita tormentata di un campione, dall’ascesa dei primi incredibili “voli” alla brusca interruzione per infortunio, e quind, alla parabola discendente, conclusasi con la tragica caduta di una vita ai margini e di una morte prematura.
Conosciuto da tutti come Volodja, Jaščenko irruppe sulle prime pagine delle cronache sportive di tutto il mondo nell’estate del 1977, quando batté il record mondiale di salto in alto ad appena diciotto anni. In Italia divenne particolarmente popolare nel marzo dell’anno successivo, allorché, in occasione dei campionati europei indoor di atletica leggera di Milano saltò 235 centimetri, certificando l’unicità del proprio talento.
Questa sua impresa suscitò un grande scalpore non soltanto sulla stampa sportiva, ma anche sui mass media generalisti, in considerazione di due peculiarità che rendevano unico il suo personaggio: adottava lo stile ventrale, definito già in quegli anni obsoleto, dopo essere stato spodestato dallo stile “fosbury”; e come contraltare, la sua immagine era quella di un giovane anticonformista e scapigliato, tendenzialmente bohémien, un’immagine lontana anni luce dal grigio stereotipo dell’atleta sovietico nell’epoca dell’immobilismo brežneviano.
Volodja Jaščenko sembrava destinato a una strepitosa carriera, ma nell’agosto del 1979 incorse in un infortunio al ginocchio che lo costrinse a una lunga odissea tra operazioni chirurgiche e altrettanto lunghi cicli di riabilitazione. La sua vicenda passò sotto il silenzio della stampa sovietica che l’aveva volutamente sottaciuta, anche per coprire delle negligenze sia da parte dei medici che dei dirigenti sportivi. In Occidente trapelarono solo alcune contrastanti indiscrezioni sulla sua sorte, che altalenavano tra la speranza di recupero e il più cupo pessimismo, finché, gradualmente, il suo nome cadde nell’oblio.
Con il suo ritiro, calò definitivamente il sipario anche sul ventrale; in seguito l’esistenza di Volodja Jaščenko precipitò nel baratro dell’alcolismo e in una cupa depressione, fino alla morte, a soli 40 anni.