Intervista di Gian Luca Favetto
Alessandro De Vito pubblica il libro fiume della poetessa e drammaturga Radka Denemarková scritto fra Praga, Pechino, Graz e l’isola di Amrum.
È tutta una questione di recupero di memorie. Poi però bisogna intendersi sul significato di ricordo e di memoria, e anche sull’uso del singolare o del plurale. Quello che adesso fa Alessandro De Vito, 53 anni, fondatore nel 2010 di Miraggi Edizioni, figlio di Antonio, pugliese, giornalista, e di Dana, maestra, ceca di Ostrava, allora ancora Cecoslovacchia, è figlio della volontà di riannodare la memoria perduta.
La dice così. E “La memoria perduta” potrebbe essere il titolo di un libro, il suo libro, se mai lo scriverà. Per ora pubblica quelli degli altri. E oggi ha sul tavolo l’ultima fatica-follia-avventura data alle stampe, definita «la nostra più grande impresa editoriale». Esce a metà di questa settimana: “Ore di piombo” di Radka Denemarková, poetessa, drammaturga, traduttrice, una delle intellettuali più ascoltate della Repubblica Ceca. Un libro fiume, anzi mare, anzi oceano: 928 pagine scritte in cinque anni tra Praga, Pechino, Graz e l’isola di Amrum. Tre anni ha impiegato per tradurlo Laura Angeloni, che ne parla come di un classico contemporaneo che passerà alla storia e confida di aver vissuto, mentre era dentro l’opera, quasi in un’altra dimensione.
E un’altra dimensione è quella della Cina raccontata dal libro: cultura, politica, tradizioni, contrasti. «L’autrice tenta di raccontare con tutta la forza espressiva della letteratura il nuovo secolo cinese – spiega De Vito – Descrivendo quella società, ci fa riflettere su come siamo noi. La protagonista è una scrittrice affascinata dalla Cina che incontra diversi personaggi dai nomi simbolici. Quando scopre che l’essenza di quel paese è nel pensiero di Confucio, compreso l’autoritarismo che unisce e omogenizza tutto, capisce molto di più i cliché, i vizi e le contraddizioni della vecchia Europa. Essendo una donna dell’Est, cioè una persona che ha recuperato la libertà da poco, ritrova in molti nostri atteggiamenti gli stessi modi autoritari e non umani di cui spesso accusiamo gli altri».
Un romanzo non tanto sulla Cina, ma con la Cina, che racconta di noi. Bisogna affrontarlo come quando ti attrezzi per un viaggio lontano, incline alle scoperte. «È una lettura impegnativa che apre a prospettive diverse. Non ti lascia accomodato nella tua comfort zone. Altrimenti che viaggio sarebbe? Tanto vale rimanere a casa». A questo libro, il ventiduesimo della collana di letteratura ceca, e in genere al lavoro di editore, che è uno in grado di ascoltare e far viaggiare per il mondo le storie degli altri, Alessandro De Vito è arrivato recuperando le tessere della memoria familiare. «È una storia articolata – spiega – Mio padre era figlio di un falegname emigrato a Torino, che in Puglia nel 1924 ha fondato una sezione del Partito Comunista. Mentre i miei nonni cechi erano borghesi e, prima, hanno subito l’invasione nazista e poi hanno vissuto sotto la dittatura comunista, quindi erano feroci anticomunisti. I miei si sono conosciuti in Bulgaria, sul Mar Nero. Si sono visti un paio di volte e nel 1969 si sono sposati. Per tutta l’infanzia e l’adolescenza, un mese d’estate l’ho trascorso dai nonni a Ostrava. Ho smesso di andarci a vent’anni e ho perso completamente la lingua ceca».
Altri vent’anni sono passati prima che la recuperasse. «E accaduto verso il 2009, quando ho iniziato a interessarmi di letteratura». Prima ha fatto altro. Si è iscritto a Legge, ma presto finisce fuori corso. Dopo quattro anni molla gli studi e va a lavorare in un circolo Arci di Grugliasco, in cucina. Poi torna all’università, a Lettere però. E nel 2000 si laurea in Storia del cinema con una tesi sulle Nouvelle Vague cecoslovacca degli anni Sessanta. «È stato un primo recupero dell’identità ceca. Comunque, vado a lavorare in una cooperativa sociale. Solo dopo una decina d’anni, quando con gli amici Fabio Mendolicchio e Davide Reina già cercavamo di lavorare nel mondo editoriale e poi abbiamo deciso di fondare la nostra casa editrice, soltanto allora ho rimesso insieme le mie radici».
È così che nel 2016, alle collane di narrativa italiana e narrativa straniera, si affianca quella di narrativa ceca. Nel lavoro di editore. che consiste nel leggere, scegliere, curare storie e coltivare idee in forma di libri, De Vito ricompone il mosaico delle sue storie personali e delle sue geografie. Il modo in cui guida la casa editrice può essere riassunto da ciò che Radka Denemarková dice del suo romanzo: «Ho voluto metterci l’essenza di tutto ciò che sono riuscita a capire di questo mondo. Ma forse, soprattutto, ciò che non avevo capito». È così che si va avanti, a far libri e a vivere: si continua a ricercare.
QUI l’articolo originale: https://torino.repubblica.it/cronaca/2024/10/28/news/editore_di_miraggi_letteratura_ceca-423582637/