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Respira: la recensione di Vincenzo Soddu su libriedintorniblog

Respira: la recensione di Vincenzo Soddu su libriedintorniblog

Roberto Saporito è un vero scrittore, di quelli che conoscono a tal punto la letteratura da costruire congegni perfetti e piacevoli.
Il suo nuovo lavoro s’intitola Respira, ed è uscito per Miraggi di Torino, Casa giovane e attenta alle novità, anche stridenti.
La trama, dunque.
11 Settembre 2001. Crolla la torre sud delle Twin Towers, e il protagonista, che sarebbe dovuto essere già lì al lavoro, come ogni giorno, e invece è ancora a letto reduce da una sbronza, decide di sparire.
Mercante d’arte stronzo e spietato. Meglio sparire, tagliarsi barba e lunghi capelli, salvare la vita a un energumeno e riordinarsi le idee: un nuovo passaporto falso fornito dal nuovo amico e intanto già compare nell’elenco ufficiale degli scomparsi.
Tre anni dopo lo ritroviamo in un bistrot di Saint-Rémy-de-Provence dove si gode finalmente la vita, grazie anche ai soldi fatti quando era uno stronzo manager della Grande Mela, finchè… finchè la vita chiede il conto, anche se la vita, quella vita, non è più la sua…
Rocco Balestrini, ex socio del capitale sottratto dal protagonista in quella mattina maledetta, ma per molti altri versi benedetta, l’osserva a due passi dal tavolino del suo rassicurante bistrot…
E l’intreccio s’accende, d’improvviso, come nel miglior Saporito, lungo il solco leggero e raffinato della letteratura d’autore…
La fuga, stavolta obbligata, porta l’autore a nascondersi prima in una casa nelle Langhe, quindi in un altrettanto suggestivo rifugio nel Chianti assieme a un’affascinante puttana che tutto sembra fuorchè una puttana, e poi ancora a Roma e poi a Venezia…
Mentre l’ex mercante d’arte scappa da un luogo all’altro viene spontaneo chiedersi se sia possibile sfuggire improvvisamente a un’esistenza prestigiosa ma frenetica che ti ha tolto quasi il gusto di vivere…
La risposta va cercata nelle pieghe di questo libro esile ma ricco di profonde suggestioni, e così la stessa chiave del libro, sempre vivo e piacevole, sta proprio nel titolo, nel tentativo continuo del protagonista di imparare a respirare davvero, nel tentativo di sottrarsi a uno stanco riflesso di sopravvivenza che è oggi comune un pò a tutti noi…
Ci riuscirà? Questo, forse, non è giusto svelarlo, ma, forse l’autore ce ne dà una parziale idea in questa folgorante citazione: “Quando incontri solo persone nuove e mai persone
che hanno fatto parte della tua vita mentre questa cresceva di
giorno in giorno e di anno in anno, lo scorrere del tempo diventa un bugiardo difficile da sbugiardare, o più semplicemente un bugiardo che vuoi sbugiardare. Quando muori e rinasci
lo scorrere del tempo acquista un altro significato o forse perde
del tutto il suo vero significato, qualunque esso sia.
Quando muori e rinasci sei già più fortunato degli altri,
che quando muoiono, di solito, non rinascono…”
Un libro da leggere e meditare, di un autore in costante crescita…

Libri. Respira, di Roberto Saporito.

Respira: la recensione di Vincenzo Soddu su libriedintorniblog

Respira, e prova a scappare da un’esistenza che ti sta stretta: dialogo con Roberto Saporito

Il dramma delle Twin Towers che diventa un’occasione. Meglio, diventa l’occasione. Quella che consente di approfittare a livello personale di un evento che sconvolge il mondo. Chi non culla il desiderio di scappare da una vita che non sente più come sua? Il protagonista di Respira ci prova. Roberto Saporito ci spiega come è nata l’idea del libro: “Da un’ossessione durata anni, sempre legata alle Twin Towers. E’ nata quando sono salito per la prima volta sulle torri: uno è abituato a vedere New York con il naso rivolto verso l’alto, da lassù tutto sembrava più basso. Anche i grattacieli. E poi è ovviamente continuata l’11 settembre 2001, con l’attentato. Ho cominciato a scrivere nel 2011, un brutto compleanno per New York, ed è venuto fuori quasi tutto di getto, in diretta”.

Si parte da New York, si va in Provenza, si passa in Italia, si torna a New York e si rivede l’Italia. Un romanzo di fuga?
Può sembrarlo, in realtà è un romanzo esistenziale. L’idea era quella di sradicare una persona, da italiano che viveva a New York. Vede l’attacco alle Twin Towers in diretta, dove c’è il suo ufficio, e decide in un istante di cambiare totalmente esistenza e luogo in cui vivere. Si costruisce una nuova personalità perché non gli piace quello che fa, decide di scomparire”.

Non è una scelta di facile realizzazione, però.
Perché la sua vecchia vita lo perseguita e tutto diventa più complicato, trasformandosi in un tormentone, per l’appunto, esistenziale. Il passato resta una zavorra, non passa e ritorna. Si comincia dalla Provenza, dove il protagonista pensa di aver trovato una nuova esistenza, idilliaca. Non era una scelta sua, gli ricade addosso”.

Un protagonista di cui non conosciamo il nome.
E’ una fisima mia, dal primo romanzo non ho mai messo il nome a chi si trova al centro del racconto. Era capitato per caso, adesso è una scelta. Diventa un gioco con il lettore, che può diventare a sua volta protagonista. Per questo l’ho scritto in seconda persona”.

La voglia di fuga domina le nostre vite.
Ma io non voglio trasmettere alcun messaggio. Chi legge dovrebbe tirare fuori qualcosa, però potrebbe anche non farlo. Il mio suggerimento è di leggere il romanzo come se fosse una fiction, divertirsi e finirla lì. Non esiste una morale del libro, ognuno se la trova. Il tema fondamentale è quello della costruzione di una nuova identità: morire e rinascere, con tutti i problemi che ne conseguono”.

Senza fare spoiler, la fine del romanzo sembra lasciare aperta la porta a uno sviluppo futuro.
Molti miei romanzi hanno finale aperto, i tre protagonisti dei miei primi tre romanzi li ho poi radunati in un quarto romanzo. Vedremo”.

Una disperata ribellione verso il mondo. La recensione di Antonio Cerasa su almanacco.cnr.it

Una disperata ribellione verso il mondo. La recensione di Antonio Cerasa su almanacco.cnr.it

Venedikt Erofeev (1938-1990) è stato uno scrittore-simbolo per intere generazioni, oltre che un autore tra i più controversi del post-modernismo russo. La sua vita al limite tra dipendenza da alcool e vagabondaggio ha fortemente contribuito sia alla sua immagine di reietto, sia alla crudezza della sua scrittura, che trova la massima espressione nel suo bestseller clandestino ‘Mosca-Petuska’. Un’opera grottesca, visionaria, tragicomica, che parte da Mosca per un viaggio forse mai compiuto.

‘Memorie di uno psicopatico’, scritta nel 1956 e ora riproposta da Miraggi, è una rarità. Si tratta infatti del primo libro di Erofeev, caratterizzato da un insieme di memorie scritte su pagine di un diario di cui non si conosceva l’esistenza. Pubblicato in Russia solo nel 2000, il libro è una costellazione di riferimenti e contestazioni furiose sui totem e i tabù della società sovietica. Protagonista di questi racconti è Venedikt, alter-ego dell’autore che, ancora giovanissimo, esprime la sua disperata ribellione verso il mondo.

Il libro mostra la psichedelica visione del mondo dell’autore: questi diari giovanili seguono il giovane Venedikt nel periodo che va dall’ottobre 1956 al novembre 1957. Tredici mesi cruciali, dall’ammissione con lode all’Università di Mosca alla successiva espulsione, dal primo impiego al successivo licenziamento. Il racconto delle esperienze autobiografiche si accavalla e si interseca con riflessioni di carattere filosofico, pseudoscientifico, spesso assurdo. Ciò che colpisce immediatamente è l’andamento bipolare della scrittura tra rabbia incontrollabile a paura, tra odio e bisogno di affetto; lo spazio e il tempo non hanno confini e la metrica del linguaggio di Venedikt richiama le figure cinematografiche dello sterminatore di scarafaggi William Lee nel film ‘Pasto nudo’ (David Cronenberg, 1991) o di Michael Anderson, il nano immaginario del telefilm ‘I segreti di Twin Peaks’ (David Lynch, 1991).

La violenza narrativa con cui Venedikt fa sentire la sua psicopatologia ci ricorda che ancora oggi, a oltre 60 anni dall’uscita di questo libro, esistono milioni di persone che come lui vagano perse per il mondo alle quali nessuno sa indicare loro la via del ritorno a casa. Anche se negli ultimi 40 anni, la scienza della malattia mentale è diventata capace di fornire diagnosi sempre più accurate.

Antonio Cerasa

La bella e strana enciclopedia esistenziale della vita quotidiana. La recensione de Il Foglio

La bella e strana enciclopedia esistenziale della vita quotidiana. La recensione de Il Foglio

Petr Král non ha bisogno di tante presentazioni, essendo uno dei maggiori poeti cechi contemporanei che lasciò l’amata Praga nel 1968, all’arrivo dei carri armati sovietici dopo la fin troppo breve “Primavera”, per poi tornarci solo nel 2006, poco più di dieci anni fa. Nozioni di base è la raccolta di tanti sguardi, personalissimi e originalissimi, su oggetti della vita quotidiana e momenti che scandiscono il passare ineluttabile delle ore. Appunto, si tratta di “nozioni di base” che – come ha scritto la traduttrice Laura Angeloni – ci guidano attraverso un viaggio di scoperta e riscoperta della realtà, “insegnandoci che ogni istante della vita, anche il più fugace e apparentemente futile, può riempirsi di significato se solo abbiamo la pazienza e l’abilità di osservarlo più a lungo, lasciandoci trasportare dalle nostre suggestioni”.

“E’ sorprendente come tutte queste situazioni quotidiane, tanto insignificanti quanto elementari, si lascino così poco influenzare dall’originalità di una psicologia. Esse ci attendono, ci sottomettono. E’ una lezione di modestia che la bella e strana enciclopedia esistenziale della vita quotidiana di Král impartisce al nostro individualismo”, scrive Milan Kundera nelle prime pagine del volume. Ma quali sono queste “nozioni di base” su cui si sofferma il poeta? Una, tra le prime che compaiono nella rassegna (ragionata) è il caffè, e dalla sua lettura si comprende bene lo stile che pervade l’intera opera: “Lasciarsi portare verso se stessi da un sorso bollente, inaspettatamente preciso, della bevanda che ci scorre in corpo insieme ai residui del buio notturno e affermare chiaramente la propria presenza, nonostante la momentanea indefinitezza dei nostri gesti e la sonnolenza del momento”. Lo starnuto, invece, fa a dire a Král che grazie a esso “di colpo fendiamo l’aria e penetriamo più nel profondo con una determinazione proporzionale alla sua forza; nell’impatto ritroveremo noi stessi, ma meno insoddisfatti”.

I treni, che “da quando esistono sappiamo che quelli su cui viaggiamo non sono mai quelli in cui siamo seduti”. Lo spettacolo, che è quello “del posacenere, dei bicchieri e della caraffa che immobili misurano la pianura del tavolo”. Insomma, sono alcune delle centoventitré “nozioni” che compongono il volume. Scrive Massimo Rizzante che “la regola d’oro di Král è che basta guardare a lungo una camicia per distorcerla di un nonnulla e gettarla nella pianura sconosciuta dove vi abbraccia come un’amante dimenticata”. E’ grazie al suo stupore, che poi è ciò che dà linfa e vita alla composizione, “davanti agli oggetti e alle situazioni della vita quotidiana, concepiti come apparenze, che il poeta scopre una dimensione nascosta della prosa del mondo”. Terminata la lettura, soprattutto se veloce e non a sufficienza “concentrata”, si potrebbe rimanere perplessi, non capendo cioè cosa in realtà si abbia letto. Una raccolta? Qualche aforisma? Ben di più, sostiene Yves Hersant, che evidentemente ha condiviso tale suggestione. “Petr Král non è affatto incompatibile con la saggezza del romanzo. Di questo romanzo che scrive in pieno cammino, come una storia multipla e frammentaria, senza smettere di scrivere nemmeno in curva. Non è stato forse proprio lui a dirlo chiaro e forte: la missione del poeta non è affatto quella di fine dicitore, quanto più semplicemente d’un topografo (agrimensore, per dirla con Franz Kafka) dell’esistenza?”.

Dialoghi surreali per difenderci dalla decadenza. La recensione di Nicola Vacca su Liberi di scrivere

L’imbecillità cammina sulle gambe degli uomini. Il villaggio globale è diventato un baratro in cui la prevalenza del cretino è ormai legge. Sembra impossibile difendersi da questo esercito di idioti che ogni giorno entra a gamba tesa nelle nostre vite. Claudio Marinaccio lo fa scrivendo un libro. Non disturbare, il titolo è già tutto un programma. Lo scrittore torinese – con il suo stile esilarante in forma di diario – ci racconta frammenti della sua vita quotidiana, in cui pare davvero impossibile non avere a che fare con la stupidità invadente. Dialoghi comici e surreali per difendersi con l’ironia da tutta questa decadenza che ci sta uccidendo. E se i Testimoni di Geova bussano al citofono perché vogliono parlare della loro ricetta per la salvezza dell’anima, Claudio con il sorriso sulle labbra e con la sua ironia fuori dal comune li prende in giro fino a farli spazientire (Suona il citofono. Chi è. Ha mai pensato alla sua salvezza? Di solito punto alla Champions). Marinaccio senza peli sulla lingua ci regala frammenti di conversazioni. Oggetto di questo suo diario è il nostro quotidiano massacrato dalla presenza di un’imbecillità che si manifesta a noi nella forma invadente dell’ idiozia. L’unica arma per difendersi dall’imbecillità odierna è riderci sopra. Claudio Marinaccio lo fa scrivendo un libro ironico e tagliente che dovremmo sempre portare con noi e usarlo come manuale di autodifesa ogni volta che sulla nostra strada incontriamo un imbecille. E siccome capita spesso, tocca armarsi di tutta l’ironia possibile per sopravvivere alla dittatura del luogo comune. L’autore di questo libro lo ha fatto e non ha rinunciato a una elevata dose di cinismo annotando sul suo taccuino quello che gli accade ogni volta che ha a che fare con la banalità dell’imbecillità. Non disturbare vi divertirà per la sua ironica e sferzante cattiveria. Claudio Marinaccio si conferma uno scrittore fuorilegge e anche questa volta ha il coraggio di scrivere quello che tutti pensano e che non hanno il coraggio di dire. Non citofonategli. Lui non ama la ciarla quotidiana e con eleganza e ironia vi manderà a quel paese. Siete o non siete Testimoni di Geova. L’unico modo per difendersi dagli imbecilli è prenderli per il culo con ironia. Se siete sarcastici e intelligenti leggete Non disturbare. Ma fatelo anche se siete imbecilli, anche se alla fine non lo capirete.

Domenica 13 agosto c’è Di Benedetto al festival “Inventa un film”, a Lenola

Domenica 13 agosto c’è Di Benedetto al festival “Inventa un film”, a Lenola

Da mercoledì 9 a domenica 13 agosto Lenola, in provincia di Latina, ospita “Inventa un film”. L’evento, organizzato dall’associazione culturale Cinema e Società, è giunto all’edizione numero diciannove e ha in cartellone numerose iniziative collaterali. Tra queste c’è la Giornata del libro (qui il programma), dove Miraggi sarà ovviamente presente. Domenica 13, alle 16.15, Valerio Di Benedetto presenta il suo “Amore a tiratura limitata”. Appuntamento nello spazio allestito nella Pineta Mondragon.

Respira: la recensione sulla Gazzetta d’Alba di Edoardo Borra

«Il famoso mercante italiano d’arte contemporanea è morto». Quando questa notizia prende forma, ci troviamo a New York, anzi a Manhattan; e siamo all’11 di settembre, del 2001. E come si potrà mai morire, quel giorno? Facile che si possa sparire, letteralmente, nel crollo delle Torri gemelle, se in uno dei due grattacieli si ha un ufficio che «è diventato la tua vita, l’unica cosa che fai, l’unica cosa che pensi, l’unica cosa che ti fa alzare la mattina, tutte le mattine, tranne oggi». Quel “tranne” introduce il caso, la fortuita eccezione su cui Roberto Saporito ha costruito il suo nuovo romanzo, uscito per Miraggi Edizioni e intitolato Respira (che, il caso vuole, è un anagramma di “sparire”). Il famoso mercante si sveglia più tardi del solito, il collasso delle torri lo vede in diretta TV… e decide fulmineamente di esser morto, di fuggire con uno zaino zeppo di soldi fatti in nero e cambiare così una vita da cui non avrebbe avuto, altrimenti, la forza morale o il coraggio di uscire. In due pagine, la storia è partita, veloce, e la seguiamo dalla prospettiva del “morto”, che parla con il “tu” narrativo, e anche per questo pare morto davvero: solo, inesistente per il mondo, cercherà di “sotterrarsi” sotto un nuovo nome, facendo tabula rasa, unico souvenir del passato il mucchio di soldi che gli paga un presente agiato e senza obblighi in un buen retiro provenzale. Ma «non si è mai morti abbastanza» e «il mondo è troppo piccolo per riuscire a sparire veramente»: la vita bussa a esigere il suo credito, come prescrive il noir, e il nostro anti-eroe non può far altro che scappare ancora, di nuovo sparire, in un mondo desolato e distaccato, in cui improvvisamente appaiono figure che complicano le cose, o accendono l’illusione della riparazione. Come Francesca, con cui si apre la seconda parte del romanzo: altro avvenimento inatteso, altra decisione repentina: «Dove vai?» «Non lo so» «Posso venire con te?»[…]«Dove andiamo?» «Partiamo, qualcosa mi verrà in mente». Ma il personaggio che segna la storia, e la riassume, è senz’altro quello di Adelmo, un vecchio contadino toscano che è insieme comico e tragico: un oracolo (apparentemente?) sconnesso, un feroce angelo custode, un addolorato, saggio eremita («Il mondo è più bello visto da lontano») o un Chance Gardiner del Chianti? Certamente uno che deve misurarsi, anche violentemente, col caos, avendo in cuore un’idea precisa di bellezza e di ordine. Costruire-distruggere, sparire-respirare, sono gli opposti tra cui Saporito ha fatto oscillare il suo racconto, secondo un ritmo e una struttura calibratissimi: accelerazioni, intervalli, stacchi ed ellissi si portan dietro il lettore per poco più di 100 pagine, ma attraverso (contando i flash-back) quattro decenni della vita del narratore, segnati dalla presenza-assenza delle Twin Towers. Che non sono uno sfondo di comodo, o d’effetto: c’è un loro convincente uso “biografico”, oltre che simbolico. Le case, come sa bene il lettore affezionato di Saporito, hanno spesso un significato illusorio, di trappola o di speranza: in Respira c’è, tra le altre cose, il tentativo di “trovar casa” in un senso più ampio, la ricerca della differenza tra un edificio senz’anima («Vai alla finestra e guardi fuori e fuori c’è un palazzo uguale a questo, identico, stessa altezza, stesso colore, stessa tetraggine e senso di assoluto abbandono») e uno che diventi un monumento privato, che possa resistere alla «disgregazione del tempo perduto». È una resistenza improbabile, e il narratore lo sa bene: conscio di essere un «abitatore perplesso del presente», come arriva a definirsi, tenta in maniera sempre più disincantata di esser vivo pur senza essere qualcuno. Respira, di cui sarebbe scriteriato rivelare qui gli snodi o “bruciare” i personaggi, si può considerare un’indagine – o forse meglio, un referto ‒ sul rapporto tra esistenza e identità; e una nuova tappa dell’ormai notevole percorso letterario di Roberto Saporito, che, piaccia o meno, si conferma un autore vero.

L’assurdità del quotidiano. La recensione di Erika Pucci su versiliatoday

 

Claudio Marinaccio, autore di racconti, ci propone situazioni quotidiane narrate con ironia secondo il sistema della parodia. Testimoni di Geova, compagnie telefoniche, telefonate moleste di marketing sono gli episodi noti e familiari che l’autore condivide in una narrazione ironica, intelligente, politicamente scorretta e consapevole di ciò. Sono episodi di una quotidianità minima riconoscibile, dove dietro l’ironia e il cinismo, corrono gli affreschi contraddittori di questi tempi. Il tono della scrittura è scanzonato, leggero, arguto, capace di tessere una commedia divertente ambientata in provincia che spazia dai “bar Sport” alle fughe in metropolitana verso la città. Una carrellata di tipologie e personaggi che entrano e escono nella commedia umana di Marinaccio scandiscono il ritmo dei dialoghi: pagine e stilemi che fanno sorridere, ma anche riflettere come il capitolo dedicato al cambiamento della pornografia con l’avvento di internet che ha trasformato gli utenti da consumatori a protagonisti. Emergono in maniera sottile alcune situazioni come le cold calling, la gestione della privacy che nei rapidi mutamenti attuali sono ancora nel nostro Paese a uno stato selvaggio costituendo delle ingerenze nelle vite dei cittadini. Lo scrittore sa empatizzare con il lettore, coinvolgendolo nel proprio punto di vista su episodi comuni, un punto di vista personale che però si fa sguardo esterno per delineare i contrasti e le assurdità di questioni quotidiane in cui siamo talmente immersi da perdere la distanza di un necessario sguardo oggettivo. All’interno del viaggio di Marinaccio sono presenti anche alcuni racconti più intimi che bilanciano il tono divertente della narrazione, confermandone la capacità narrativa e la sensibilità umana in una scrittura limpida e scorrevole.

Respira: la recensione di Giulietta Iannone su Liberi di scrivere

 

Forse Don DeLillo in L’ uomo che cade aveva posto la parola fine dando compimento agli scritti ispirati, connessi, influenzati da ciò che accadde l’ 11 settembre 2001 all’ombra delle Torri Gemelle del World Trade Center. La vita a New York, la storia contemporanea tutta cambiò da quel giorno, cambiò da quel giorno anche il modo di raccontare le storie, di documentare la realtà, di provare un senso di comunione tra sconosciuti, gli stessi che da ogni angolo del pianeta videro quelle immagini polverose nello schermo fosforescente dei loro televisori. Io ero in un ufficio di collocamento, ricordo che tutti i dipendenti smisero di lavorare alle loro pratiche, si alzarono e rimasero muti, come statue di sale, davanti a teleschermi altrettanto muti, attaccati alle pareti. Anche il mio stato di laureata in cerca di lavoro perse importanza quel pomeriggio. Poi certo la vita avrebbe ripreso il suo corso, ma quel gap rimane nella memoria collettiva di molti. Essendo forse stato detto già tutto non serviva un nuovo romanzo che trattasse questo tema, che scavasse nelle macerie dei ricordi di quel dramma, tuttavia per un autore che vuole analizzare la contemporaneità è difficile oscurare, ignorare quel giorno. E’ come un idolo muto, un avvenimento che ha trasceso la storia, che si può usare come pretesto, come appiglio per parlare dello stesso sgomento, della stessa caduta che può vivere un uomo del nostro tempo, integrato, disilluso, scontento, in cerca di nuovo ossigeno per i suoi polmoni stanchi. E proprio così fa Roberto Saporito nel suo nuovo romanzo breve,Respira, edito da Miraggi edizioni, collana Golem. Quello che accadde l’ 11 settembre 2001 all’ombra delle Torri Gemelle del World Trade Center è la scintilla da cui si genera una storia contemporanea, attuale, generazionale se vogliamo. La storia di un uomo in fuga, che accoglie come un dono del destino il fatto che sia stato creduto morto quel giorno. Prende i fondi neri della sua galleria d’arte contemporanea, (non solo suoi, anche del suo socio, insomma scappa coi soldi un po’ come Marion Crane in Psyco) e inizia la sua nuova vita prima in un motel di periferia, poi cercando di vivere a New York con una nuova identità, poi vagando tra la Francia e l’Italia, ultima tappa del suo vagare Venezia, dove avrà la più ingrata delle rivelazioni, che non anticipo, perché non si svelano i finali, ma che ricollocherà tutta la sua vita sotto una nuova prospettiva, dandogli una nuova amara consapevolezza. Dunque si fugge per respirare, ma non si può fuggire da se stessi, il vecchio io torna, ci tormenta, ci ingabbia in pareti di vetro temprato. Una parabola decadente, scritta con lo stile elegante e misurato di un autore colto e raffinato che conosce i luoghi che narra. Che lui stesso ha avuto una galleria d’arte, tanto che le cadenze autobiografiche danno autenticità a uno scritto che se vogliamo può avere anche le connotazioni di un crime. Ci sono soldi rubati, una fuga, un ex socio simile a un mafioso con guardaspalle che lo insegue. Ci sono dei morti, delle disillusioni, delle discrepanze, (la storia è narrata in seconda persona, quel tu quasi disorienta). Tutto comunque resta nei canoni di una parabola esistenzialista, di un narrato teso a parlarci delle profondità insondabili di un personaggio tormentato, di un uomo qualunque, anche di successo, di quelli che dalla vita hanno avuto tutto, che all’improvviso rinnega il suo vissuto per un ideale (di libertà?) e si ricostruisce il suo mondo a misura delle sue aspirazioni, e Saporito fa tutto ciò senza volerci sorprendere e scuotere con effetti speciali, proiettili (qualche proiettile a dire il vero sarà sparato) e colpi sotto la cintura. Da leggere.

Respira: la recensione di Grazia Giordani sull’Arena

Il nuovo romanzo di Roberto Saporito «Respira» (Miraggi, pp.112, euro 12) per alcuni versi ha una allure pirandelliana, evocandoci, anche se in forma assai diversa, l’atmosfera del «Fu Mattia Pascal». Sopravvivere alla propria morte è un sogno letterario di lunga tradizione. Morire per rinascere, fuggire per vivere, per respirare. E quale occasione migliore per sparire dal mondo di una tragedia che il mondo l’ha cambiato? L’11 settembre 2001 il protagonista del romanzo avrebbe dovuto trovarsi in una delle Torri Gemelle. La fuga è una decisione repentina, l’istintivo aggrapparsi a una opportunità irripetibile. Ma fuggire è lungo, estenuante, pericoloso, sanguinoso, Chi fugge viene inseguito e per tornare a respirare deve attraversare un romanzo intero. Denso e teso come un noir all’antica. Il romanzo inizia a New York l’11 settembre2001, nel momento esatto in cui crollano le Twin Towers, ed ha come idea di fondo il grande ed intrigante tema della costruzione di una nuova identità, infatti il protagonista (la storia è raccontata alla seconda persona singolare) un mercante italiano di arte contemporanea approfitta del fatto che tutti pensino che sia morto, scomparso nel crollo delle torri gemelle per sparire davvero, e crearsi una nuova identità, appunto, da un’altra parte del mondo. Ma il fantasma del passato, la sua vecchia vita e un personaggio in particolare di allora, fatica a scrollarsi da quella nuova, trasformandosi quasi in un tormentone esistenziale, una sorta di pesantissima e ingombrante zavorra che lo tiene ancora nel passato, che fatica a passare, nonostante tutto. Quasi a dire che morire non basta per essere lasciati in pace. «Non si è mai morti abbastanza» dice a un certo punto il protagonista del romanzo. Un libro sul tempo passato (ma anche sul ripudio dello stesso) e sulla possibilità di costruzione di un futuro nato però dal non facile affrancamento quasi dalla cancellazione piena di problemi del passato stesso, e, in ultima analisi, il romanzo italiano post 11 settembre. Libro ambientato tra New York nel 2001, nei molti flashback nel 2011, la Provenza, il Piemonte, Le Langhe, Alba, Torino, la Toscana, Roma e in fine Venezia. Dello stesso autore già a suo tempo avevamo apprezzato, edito da Del Vecchio, «Come un film francese», un romanzo popolato da personaggi con loro precipue caratteristiche di cui Saporito non ci risparmia veristiche descrizioni femminili, con due figure principali: il Professore – insegnante di scrittura creativa, un tempo a sua volta scrittore, ora in astinenza d’ispirazione propria, introverso e abbastanza paranoico, molto ambito dalle allieve, non solo per la sua enciclopedica cultura letteraria – e Lea, una diciassettenne dai fulvi capelli, piena di problemi e di contorsioni psichiche. Contorsioni che ritroviamo anche in «Respira» e che ci fanno pensare a quanto di se stessi sappiano portare nella scrittura gli autori del loro carattere e delle loro propensioni, in maniera brillante, originale e molto coinvolgente, per quanto concerne appunto Saporito.