Autostop per la notte di Massimo Anania su BiblioVorax
Il romanzo di esordio di Massimo Anania, Autostop per la notte, edito da Miraggi edizioni nel 2018, si presenta come un thriller, abbastanza classico nella struttura: un ragazzo che si imbatte in una situazione torbida dopo essere stato strappato alla sua quotidianità, personaggi loschi, giochi di potere, un nucleo malavitoso, la vittima, il complotto, la risoluzione finale.
Non amo i gialli/thriller perché li trovo tutto sommato prevedibili nella maggior parte dei casi. Tuttavia leggendo questo romanzo, ho avuto la sensazione, via via diventata più pregnante, che questo testo si muovesse sul crinale di mondi diversi e vari pur mantenendo quelle pose tipiche del genere entro cui è inquadrabile. All’interno di questa contaminazione (di cui fu maestro sommo Simenon), mi hanno colpito degli elementi che sembrano periferici rispetto alla tessitura generale. Partirei dall’ incipit- che è stato scelto appositamente per creare la situazione di rottura e immersione nel flusso di eventi a catena- constatando la sua originalità originale rispetto alle consuete trovate di spionaggio, intrigo politico, di cui abbondano i gialli e noir degli ultimi tempi. Un ragazzo, studente universitario nel cuore della notte chiede un passaggio in macchina, fa autostop per entrare a sua insaputa in una sorta di circuito infernale:
al quinto rosso una macchina tra quelle in coda alza i fari due volte. E un po indietro e aumenti il passo per raggiungerla . Il conducente accende la luce e ti fanno cenno di avvicinarti con la mano destra. (di solito ti caricano i ragazzi giovani, spesso alla guida di utilitarie scalcagnate che non hanno l ‘aria di poter percorrere tanti chilometri. Questa volta si è fermato qualcuno che guida un Audi .(…) quando la raggiungi ti accorgi che l’uomo alla guida avrà una quarantina d’anni e indossa una giacca nera e una cravatta rossa sopra una camicia bianca. Tu hai addosso un paio di jeans e una felpa nera col cappuccio dietro le spalle e capisci subito che non avete niente in comune.
Da questo momento in poi, Maurizio, un tipo un po’ strampalato, si avvia a vivere un’avventura torinese dal sapore estremo, coinvolto in festini a base di coca e sesso, personaggi della malavita, e donne ambigue e inafferrabili. La città, Torino e provincia, è lo sfondo ideale: architetture come fossero fili di una ragnatela, complici di un disegno avvinghiante ed opprimente, spianano un cammino dai ritmi parossistici e convulsi.
Le strade di Torino poco illuminate i quartieri deserti, un buio lugubre e tentacolare fanno da sfondo anche simbolico a questa densa storia. Procedendo speditamente (il romanzo scorre molto bene), ho avuto la netta sensazione che questo testo fosse stato centrifugato nel grande contenitore del genere “ picaresco” e ne fosse uscito maculato, meticciato. Vale la pena di rilevare qualche analogia: dal Lazarillo de Tormes al Viaggiatore sfortunato di Nashe, i due capisaldi di questo genere letterario, l’eroe picaro trova la sua canonizzazione: uomo della strada e per strada, giovane, senza mezzi economici, in cerca di fortuna e inerme preda degli eventi. Tutte caratteristiche che appartengono al protagonista Maurizio e che ne forgiano il carattere, il ruolo, il destino. Questo tipo di scrittura, così vertiginosa seppure ancorata ad una struttura forte, inaugura il romanzo moderno realista, per quanto riguarda lo spostamento del punto di vista al livello del protagonista. Nel romanzo di Anania in effetti tutto passa attraverso gli occhi della voce narrante in una focalizzazione interna che viene enfatizzata dalla particolare tecnica della seconda persona. Non di certo una novità, ma probabilmente la scelta più azzeccata per mantenere quella soggettività straniante e allucinata che si addice ad un giovane ragazzo in preda ai colpi del destino. Una sorta di diario interiore snocciolato nella memoria, pezzo per pezzo e rivolto a chi legge con una immediatezza e una velocità che non lascia respiro.
L’autore dimostra di sapere padroneggiare con maestria questa tecnica mantenedo un ritmo serrato e una sintassi accuratamente costruita per ottenere precisi effetti “scenici”:
premi sulla maniglia e ti ritrovi in quello che ha tutta l’aria di essre un bar di periferia […] ti avvicini al banco dietro al quale due bionde maggiorate preparano cocktail e quattro ragazzi sono seduti sugli sgabelli; […] ti fai preparare un whisky, dai della tirchia alla ragazza che ti sembra abbia usato troppo ghiaccio e poca sostanza e plei er dispetto ti riempie il bicchiere fin o all’orlo. allora fai il duro e lo svuoti tutto d’un fiato, le sorridi,sbatti il bicchieresul bancone e le ordini di riempirlo. ti giri, vai verso il biliardo con la gola in fiamme e il cuore che segue il ritmo della musica nell’altra stanza.
Se c’è un difetto è proprio questa preponderanza degli eventi a soffocare la personalità e i caratteri del romanzo che risultano a volte schematici e con una opacità psicologica che li appiattisce sullo sfondo. Maurizio ne esce anemico in determinati passaggi; tuttavia densi rivoli di vita riescono ad emergere nelle pause del flusso di coscienza, brevi e illuminanti flash che scavano nel pensiero e privi di filtri :
il bianco del soffitto fa vomitare vorrei che fosse trasparente per vedere le nuvole sarebbe bello avere una casa in mezzo al bosco nessuno che rompe i coglioni […] devo comprare delle tende nuove perchè quelle appese alle finestre sono proprio tristi […] potrei anche comprare dei soprammobili un vaso dove metterci dei fiori quando arriva Gabriella o una qualunque tanto non voglio mettere su famiglia forse starebbero bene delle spighe di grano.
Questo Renzo Tramaglino della Torino moderna che agisce prevalentemente per strada come il personaggio manzoniano si avventura e corre, mai fermo, mai tranquillo; a metà romanzo si trova immerso in una griglia un po’ ingarbugliata di eventi. I personaggi che si avvicendano sono Rodolfo Roppo e Giovanna Liseo: un “arrampicatore sociale che venderebbe anche sua madre per i suoi interessi e magari venderebbe anche te” e lei, una sconosciuta abbordata per una fugace notte di piacere e poi rivelatasi misteriosamente coinvolta in questo intrigo di gente che prende in carico Maurizio, per motivi che si chiariscono, gradatamente e con il classico colpo di scena finale.
Un personaggio positivo, o apparentemente tale, rompe questo schema dei personaggi. È l’ex- professore di liceo di Maurizio; quest’ultimo, come nel più classico dei thriller, ha un legame con il don Rogrigo della situazione: Antonello Zanna, una sorta di residuo putrido di tangentopoli, riciclatosi ai tempi del bunga bunga. Al centro della faccenda un bellissimo e ingannevole travestito che è stato picchiato da Maurizio e che alla fine restituisce il colpo con tutti gli interessi. La risoluzione finale serve a sigillare un precipitare di eventi che lascia un po’ a bocca asciutta.La sensazione che gli eventi abbiano fagocitato i caratteri è rimasta e si ripresenta. Ma forse da un rocambolesco autostop per la notte di un giovane ragazzo non ci si potrebbe aspettare altro. Una rêverie al cardiopalma con sottofondo rock.
Dirò di piu: la perdizione morale, l’attraversamento dei confini, il passaggio di vari livelli di conoscenza e di “prove” fisiche, morali, ne fanno anche un agile (nel senso della psicologia globale del personaggio) pendant del carattere tipico del romanzo di formazione: prima sprovveduto di fronte al caos degli eventi, poi spaventato e perso nei suoi disordini mentali, sempre più lucido nel dipanare la matassa ed infine come il più bravo dei detective a consegnare a ciascuno dei personaggi il loro ruolo la loro identità. Il mistero del tipico giallo risulta funzionale a questo nodo centrale di dinamiche e di traiettorie che coinvolgono tutti i personaggi a vari livelli.
Un romanzo apprezzabile più per la sua struttura e per le tecniche narrative utilizzate (con grande precisione) che per lo scavo dei personaggi e per la sostanza umana delle storie narrate. A condire il tutto una sorta di colonna sonora di tutto rispetto che accompagna ogni capitolo e che rende questo testo più polimorfo e dinamico di quello che ci si potrebbe aspettare. Un inno infine alla letteratura on the road, alla quale Anania strizza l’occhiolino portando a termine questa buona prima prova che ci fa sperare in un brillante seguito.