fbpx

Miraggi Edizioni, 2020 – Grazie a Krakatike, Čapek si riconferma un caposaldo della letteratura ceca della prima metà del Novecento, capace di intercettare con largo anticipo le tendenze e i drammi collettivi che, seppure in maniera diversa, avrebbero interessato l’intero pianeta due decenni dopo.

Dopo la recente traduzione italiana de La fabbrica dell’Assoluto a cura di Giuseppe Dierna per Voland, nel mese di giugno è arrivato in libreria anche un altro suggestivo romanzo dello scrittore ceco Karel Čapek, questa volta inserito nella collana di letteratura boema NováVlna di Miraggi Edizioni. Si tratta di Krakatite, apparso per la prima volta nel 1924 e ora arrivato nel nostro Paese grazie allo straordinario lavoro sul testo di Angela Alessandri. La vicenda, che come spesso accade nella produzione dell’autore parte da presupposti fantascientifici ai limiti del distopico, si sviluppa su dei binari sempre meno prevedibili e riesce a intrecciare tematiche, livelli di interpretazione e significati di straordinaria pregnanza, in cui la fisica dialoga con l’amore, la chimica con gli interessi politici e l’economia con i ricatti morali.

La storia è quella del chimico Prokop, che un giorno si ritrova uno strano signore alle calcagna mentre passeggia sul lungofiume. Solo in un secondo momento capisce che si tratta di un vecchio compagno di studi non del tutto raccomandabile, Tomeš, anche se intanto una strana debolezza psicofisica gli fa perdere il controllo della situazione. Il risultato? Senza volerlo, prima di perdere i sensi, confida al suo interlocutore più di quanto dovrebbe, rivelandogli di avere inventato una polverina bianca perennemente a rischio esplosione: la Krakatite. Al suo risveglio, Prokop si accorge del fatto che la singolare invenzione, il cui nome si ispira al vulcano Krakatoa, è stata rubata con prontezza da Tomeš. Prova dunque a rintracciarlo e va fino a casa sua, ma l’uomo è scomparso con la sua potenziale arma di distruzione di massa e al suo posto sopraggiunge una giovane donna velata, che chiede a Prokop di aiutarla a ritrovare Tomeš per una questione di vita o di morte.

Da qui prende il via un’avventura singolare, durante la quale il protagonista perde più volte i sensi per via di problemi di salute, agguati ed episodi fra i più mirabolanti, e che di capitolo in capitolo lo portano a spostarsi per il Paese in un duplice tentativo disperato. Da un lato, infatti, vorrebbe dare una mano alla sconosciuta ed evitare che qualcuno perda la vita se lui non dovesse intervenire in tempo, mentre dall’altro lato vuole assicurarsi che Tomeš non venda all’acquirente sbagliato la sua Krakatite, trasformandola in una minaccia per la sopravvivenza della specie umana in un periodo – quello a cavallo tra le due guerre mondiali – particolarmente teso dal punto di vista diplomatico. Così, se da una parte il chimico è sfortunato perché non riesce a ritrovare il ladro in nessun modo, è pur vero che la sua ricerca lo porta a conoscere altre donne di cui si innamora perdutamente e a rimanere l’unico in grado di produrre nuova Krakatike, oltre a conoscere fino in fondo i meccanismi di funzionamento.

La sua presenza e collaborazione vengono quindi contese tanto sul piano politico quanto su quello sentimentale tramite il ricorso a sotterfugi, scambi di persona, contrattazioni e dilemmi etici, in un intreccio mirabolante che mescola la speculazione tecnologica a numerosi altri elementi narrativi. Non per niente, optare per una scelta sana, ragionevole e prudente vuol dire talvolta rinunciare a una certa felicità personale, o ancora peggio sacrificare la propria libertà e sottomettere ogni singolo aspetto dell’esistenza al controllo di gente ambigua e opportunista. Il labirinto in cui si muove Prokop è pertanto sprovvisto di segnaletica e lo incastra in una posizione continuamente scomoda e precaria: per tirarsene fuori senza ferire chi lo circonda o senza mettere in pericolo l’intera Europa non potrà appellarsi solo alle sue competenze da scienziato, ma mettersi in gioco con sangue freddo e creatività dalla prima all’ultima pagina.

Con un stile raffinato e al tempo stesso spassoso, che solletica e stimola la lettura con gli espedienti più moderni e originali, grazie a Krakatike Čapek si riconferma un caposaldo della letteratura ceca della prima metà del Novecento, capace di intercettare con largo anticipo le tendenze e i drammi collettivi che, seppure in maniera diversa, avrebbero interessato l’intero pianeta due decenni dopo. Riscoprirlo oggi, in particolare per merito della lodevole ricerca qualitativa di una casa editrice indipendente, significa riflettere sul secolo da cui proveniamo da una prospettiva inedita e osservare l’animo umano nelle sue più sordide sfaccettature. Il tutto, fra l’altro, riemergendo dalla lettura con meravigliosa e profonda leggerezza.

Qui l’articolo originale:

https://www.sololibri.net/Krakatite-Capek.html