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Nascita e fine d’una storia d’amore descritte in poesia da Boschini

È uscito il nuovo libro di Massimiliano Boschini, L’amore puzza d’odio (Miraggi Edizioni, Torino). Dopo la pubblicazione di Mòrs. Vita, morsi e miracoli tra Berlino Est e la Pianura Padana, nell’aprile del 2016 per Sometti, l’autore mantovano torna sui propri passi solo in parte, rimanendo nell’alveo della poesia ma abbandonando il dialetto a favore della lingua italiana e concentrandosi su un tema solo sfiorato nel precedente libro: le relazioni di coppia, con annessi e connessi. Nel farlo con la sua ormai usuale ironia e irriverenza, Boschini accompagna il lettore dove nemmeno Charles Bukowski si spinse: a parlare di amore e di stelle. La precisazione è importante, ma da sola non basta. L’amore puzza d’odio racconta dal punto di vista maschile la nascita, la passione, il declino e la fine di una storia d’amore, attraverso la scansione allegorica delle stagioni. E col passare del tempo, lo stile muta e si ripiega su se stesso: da scanzonate e romantiche, le pagine virano al nero, alla tristezza e alla rabbia, senza perdere di vista quella spudorata ruffianeria che spariglia le carte e fa saltare i canoni classici della poesia.

Il libro è una sorta di poemetto, dove musica, arte, fumetti, social network e cultura pop, fanno capolino, stagione dopo stagione, pagina dopo pagina. In questo viaggio il lettore troverà modo di immedesimarsi in uno dei due protagonisti, aiutato da suggestioni visive, che sbucano ogni tanto tra una poesia e l’altra. Boschini non è nuovo alle collaborazioni; se in Mòrs era ricorso alla matita di Dino Fumaretto, in questo libro l’autore delle illustrazioni è Vincenzo Denti, pittore, artista e insegnante del liceo artistico Giulio Romano di Mantova. Il fotografo Giuseppe Gradella è invece l’autore del suggestivo scatto utilizzato per la copertina, che vede Boschini ripreso ad un tavolo di biliardo, meditativo, tra il serio e il faceto, in una sintesi perfetta di ciò che è il libro stesso.

Massimiliano Boschini è un nome ricorrente nell’alveo della cultura cittadina; chi lo conosce bene sa che s’è occupato di molte cose e lui stesso ci scherza sopra, nella quarta di copertina del nuovo libro: non ama definirsi fotografo né poeta, ma preferisce di gran lunga il termine di agitatore.