Da quando Boris Vian si affaccia sul mercato dell’arte, il suo nome o i suoi tanti pseudonimi, firmano canzoni, traduzioni, romanzi, poesie, testi teatrali, racconti, articoli e critiche musicali, collane discografiche, pièce da cabaret, esibizioni jazzose, serate patafisiche, nottate da chansonnier o performance culturali. Non c’è artista del Novecento che sia riuscito a contaminare così tanti generi in una sola vita, come fece il principe di Saint-Germain, e ad avere così tante pubblicazioni postume, anche perché critici ed editori faticavano a riconoscergli potenzialità commerciali, nonostante gli attestati di fiducia e le proverbiali pacche sulla spalla.
Boris Vian. Il principe delle notti di Saint-Germain-des-Prés di Giangilberto Monti (Miraggi Edizioni) è un originale, divertente e malinconico docu-romanzo dedicato a una delle figure più appassionanti e non etichettabili dell’arte del secolo scorso. Un improbabile giornalista svizzero si reca a Parigi per intervistare i sopravvissuti dell’epoca degli zazou del Quartier Latin che abbiano avuto rapporti con Boris Vian. Le parti dirette (le interviste a Michelle Léglise, prima moglie di Vian, fino a coinvolgere bibliotecari, custodi, archivisti) danno il La per quelle indirette (la vita di Boris Vian, dal jazz agli ultimi incontri con gli amici del Collège de ‘Pataphysique, passando per i romanzi americani sotto pseudonimo e le centinaia di brani musicali firmati).
Il resoconto che ne scaturisce è frizzante ed energico. Un ritratto di un genio senza limiti, violento, crudele, rivoluzionario e dotato di un’innata tenerezza (basti pensare al romanzo L’écume des jours o al testo di A l’ecole de l’amour, uno dei 484 brani firmati da Vian). Del resto l’autore nell’universo-mare di Boris ci naviga perfettamente da anni: Giangilberto Monti è cantautore, traduttore, ricercatore dotato di un formidabile intuito, votato per le sinergie con la musicalità linguistica e sonora di Boris Vian tanto da diventarne il maggior interprete italiano e non solo. Entrambi, tra l’altro, sono ingegneri.
Lorenzo Mazzoni