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MAZZARRONA

AUTORE: Veronica Tomassini

GENERE: Romanzo

EDITORE: Miraggi 2019

ARTICOLO DI: Fabio Dell’Armi

 

“Romina fumava il fumo delle case gialle, che era sempre buono, diceva. Smetteva. Poi riprendeva a fumare. Le promesse non si mantengono. Non a Mazzarrona”. Mazzarrona è un quartiere alla periferia di Siracusa fatto di case popolari, condomini miseri di panni stesi al sole, le case dei Mao Mao e un sentiero irto di cardi, graffi per i polpacci, verso un mare negato che serve solo a fissare un punto lontano. Le baracche con il tetto di eternit dove ci si buca, le fabbriche in lontananza ed una ferrovia che inquieta. Un’Apecar abbandonata, copertoni e una collina di lamiere. Ad attraversarlo c’è una ragazza ed è lei, ormai donna, a raccontare i pomeriggi con Romina, che dell’adulta ha la concretezza e la disillusione amara. E i giorni di scuola persi aspettando Massimo: “Massimo, quando mi amerai?”. Massimo, pallido e gentile che ha un’altra amante che lo divora. La ragazza lo accompagna al Sert o alle case gialle dove si spaccia, oppure alle baracche dove la spada entra in vena e Massimo torna all’abbandono dei suoi sonni apatici. Nei giorni perduti di Mazzarrona la ragazza è in compagnia costante di un senso di inadeguatezza e la disperata rivendicazione di un’assenza indecifrabile. Romina smette di studiare presto per andare a lavorare, lei invece ha il suo liceo, le sue letture adulte e le compagne alla moda dalle quali si tiene in disparte. Ma poi torna sempre a Mazzarrona dove il cielo non è mai azzurro ma solo accecante biancore. È azzurro solo alcune mattine di gennaio, il mese più crudele. “Massimo, quando mi amerai?”…

“Sedevo all’ombra del sicomoro, guardavo il mare. Guardare un punto lontano laggiù verso la fine del mondo sbagliato era la mia giovinezza”. Procedendo con abili manovre cronologiche, alternando marcia avanti e motori indietro, Veronica Tomassini muove l’imponente nave del racconto tra adolescenza e giovinezza come solo un Capitano esperto sa fare. E da Capitano navigato sa benissimo che di parole non ne servono molte: servono solo quelle giuste. E l’autrice le trova tutte, sempre. È per questo che in ogni pagina la narrazione risulta autentica e intensa, arrivando a passi di grande letteratura pervasa di poesia. Senza neanche un fronzolo. Nella lettura riesce a regalarci gli occhi sofferenti della protagonista aiutandoci con le suggestioni di una mente acuta che sa osservare le cose ed un cuore che sa patire. Sapendo, ormai donna, che l’esperienza è quello che rimane quando s’è perso tutto il resto. “Ero ridicola, rivendicavo attenzione, calpestavo gramigna, in un cimitero di eroinomani”. No. La protagonista non è mai ridicola eppure sa trasmetterci quel senso di incertezza e goffaggine che pervade chi ama e rivendica qualcosa che sfugge. Una storia minima come ce ne sono tante in una Mazzarrona come ce ne sono mille diventa un racconto che è difficile non amare profondamente. Bellissimo.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

http://www.mangialibri.com/libri/mazzarrona