La musica di oggi ha perlopiù una sostanza “liquida”. Streaming, peer-to-peer, mp3, Spotify, Wave, Flac, Torrent, il sempre affidabile E-mule. Termini ormai familiari, entrati di diritto nelle nostre giornate di ascoltatori incalliti, anche se sono in tanti a non aver mai rinunciato al supporto fisico, al compact-disc, meno che mai al vinile. Perché affidarsi a un impianto hi-fi fatto bene, a un 33 giri che gracchia senza un domani, possiede ancora un fascino irresistibile. E se il mercato del disco in vinile è in crescita dopo qualche decennio di buio assoluto, una ragione ci sarà. Certo, i numeri degli anni ’60 e ’70 sono e rimarranno irraggiungibili: decenni duranti i quali i dischi (senza dimenticare le più economiche musicassette e le meteore Stereotto) si vendevano come il pane, con un’industria discografica in grado di fatturare cifre da capogiro.
Vito Vita, giornalista di lungo corso nonché bassista della band di rock demenziale Powerillusi, ci porta, con il suo Musica solida. Storia dell’industria del vinile in Italia (Miraggi Edizioni, 2019), proprio all’interno dell’industria del vinile in Italia. Ne ripercorre la storia dalle origini, sin dalla costituzione della Phonotype di Napoli, la prima casa discografica nata nel nostro Paese, ne segue i passaggi più importanti, come il boom del singolo a 45 giri, che soppianta il “padellone” a 78 giri, fino all’esplosione del 33, del cosiddetto album.
Un lavoro imponente, che narra, in poco meno di 400 pagine fitte di informazioni, la diffusione del disco attraverso la ricostruzione delle vicende, più o meno fortunate, delle label tricolori, dalle più influenti e autorevoli a quelle di nicchia, affidandosi altresì ai racconti di musicisti, parolieri, arrangiatori, manager, dei discografici stessi con le loro intuizioni, i colpi di fortuna, gli inevitabili errori, a volte corretti in corsa.
Francesco Guccini, tanto per fare un esempio, avrebbe dovuto essere licenziato dalla EMI dopo il secondo album, per non parlare dei rifiuti collezionati da Lucio Battisti, delle scissioni, dei dissidi, dei divorzi insanabili (quella tra Adriano Celentano e Don Backy è senza dubbio la madre di tutte liti). Interessanti (e parecchio istruttive…) anche le considerazioni di Pino D’Angiò su di un Flavio Briatore improvvisatosi, un bel po’ di anni fa, discografico o presunto tale, ma il volume di Vito Vita, in realtà, è stipato fino all’orlo di sorprese e di piccole grandi scoperte, che si susseguono una dopo l’altra, senza soluzione di continuità, regalando agli appassionati di musica un bel po’ di gioia.
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