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1) Re Eremita figura leggendaria che ha origine nella Magna Grecia, diventa qui il punto di partenza di una favole nera. Da dove nasce questa idea?

Il Re Eremita in realtà non esiste, né lui né la leggenda. Tutto prende vita da un racconto di mia madre su un lontano parente che si ritirò fra i monti a fare “‘u remita” dispensando opere di bene tanto che ci sono pellegrinaggi verso i suoi luoghi in cerca di miracoli. Il collegamento fra questa figura positiva realmente esistita e le figure legate alla ‘ndrangheta che utilizzano comunque i contrafforti della Sila come rifugio è stato automatico anche se paradossale.

2) Il tuo romanzo è sicuramente una voce corale al femminile, un femminile che protegge, nasconde e accomuna. Sono unite, nella tua anima, esclusivamente per la necessità di tutelarsi o anche per la forza che l’unione femminile può fornire?

Bella domanda. La verità è che quella unione è quella da me auspicata, perché in Calabria, la Calabria che io conosco, c’è questo strano dualismo tra complicità femminile e assoluto egoismo. Si paga il prezzo di un retaggio antico, in cui le donne solidarizzavano solo per certe faccende, per il resto era l’uomo di casa a dettare le regole. Certe forme di omertà ne sono l’esempio. Poi è anche vero che le lotte più importanti, quelle che possono cambiare la sostanza della vita, si verificano all’interno di nuclei familiari allargati, dove le donne si sostengono e si ribellano, ma c’è ancora molta strada da fare.

3) Una sola figura maschile appare nei passaggi significativi del romanzo: Giuseppe Esposito, che altri non è se non l’anima nera di Sant’Eustachio Belvedere. Paradossale e reale protagonista della narrazione. Io sono Calabrese come te. Quanto c’è della nostra Calabria nella descrizione dei luoghi?

C’è molto. Sant’Eustachio non esiste – almeno che io sappia – ma per la descrizione io mi sono ispirata al mio paese di nascita che somiglia a tanti, tantissimi paesi della costa ionica. L’abusivismo edilizio, i servizi non funzionanti, le amministrazioni colluse. Tre mesi dopo aver finito la prima stesura del romanzo c’è stata l’operazione Stige…

Giuseppe Esposito rappresenta la somma di tante nefandezze che la criminalità organizzata calabrese continua a perpetrare, nascoste da un perbenismo di facciata necessario alla sopravvivenza. Questa estate mi è capitato di passeggiare per le strade del mio paese e sentire gente che di lamentava del fatto che il “lavoro” avesse risentito di tutti gli arresti eccellenti che ci sono stati. Le cose stanno ancora così.

4) Tre aggettivi tre per descrivere il tuo romanzo.

È sempre difficile trovare aggettivi per un romanzo, figuriamoci tre! Dovendolo fare direi doloroso, paradossale, liberatorio.