Frammento, ovvero un pezzo di un’opera di cui siano andate perdute delle parti. La parola frammenti, tra parentesi, la troviamo al termine di Immédiatement di Dominique de Roux, dopo la parola fine scritta in maiuscolo. Dominique de Roux, cavaliere delle lettere in territorio nemico, non solo fa parte della tradizione degli infrequentabili del novecento ma potremmo dire che sia stato il primo a intuire di quelle nature scomode e insieme necessarie alla cultura occidentale, Céline, Artaud, Pound, Gombrowicz, Bernanos, il ruolo di visionari, una grandezza da proteggere a tutti i costi. La violenza dello stile, come dirà Céline in un’intervista del ’57 alla televisione francese, è come la furia della cagna alla guida delle slitte in Antartico che scatena quando avverte prima degli altri cani della muta il crepaccio in cui potrebbero sprofondare tutti. La vocazione dei «Cahiers de l’Herne», fondati da De Roux nel 1963, è in questa funzione vitale di conservazione, diffusione, traduzione, e allo stesso tempo crescita parallela della parola che da materiale diventa quasi subito spirituale, corpo a corpo, senza risparmiarsi in colpi e in energia. Dominique de Roux ne adotta la tattica, come dirà Philippe Sollers, di cavalleria leggera che lancia in resta sa di soccombere alla prima carica ma non osa rinunciare. I frammenti che compongono questo scritto, ma potremmo dire la stessa breve vita del suo autore morto ad appena quarantun anni, sono la traccia visibile di quella eterna conversazione con ognuno di questi grandi spiriti, attraverso Francia, Germania, Italia, Spagna, epoche che vanno dal confuso dopoguerra all’ancora più confuso Sessantotto. Gli attacchi fra bande letterarie, il tema delle rivolte e dei generali, l’eterno gioco di seduzione fra uomini e donne, la sfida agli Dei. Folgorazioni che regalano al lettore uno squarcio, un frammento, di luce in un’epoca allora, come la nostra, vicina al crepuscolo.