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L’imperatore di Atlantide è una breve opera lirica composta da V. Ullmann e P. Kien nel 1943-44, mentre erano prigionieri a Terezín. Si trattava di un ghetto “ modello ”, dove furono internati molti artisti e intellettuali e che fu abbellito in occasione dell’ispezione della Croce Rossa Internazionale del 1944 per ingannare la delegazione sulle condizioni degli ebrei nel Reich. Una vera e propria “ messa in scena ” nel consueto stile perfidamente beffardo dei nazisti. L’opera, al pari di tante altre concepite e realizzate a Terezín, è tuttavia un vero e proprio atto di resistenza. Ullmann e Kien reinterpretarono infatti un mito caro ai nazisti, quello di Atlantide, paradiso perduto della purezza ariana, inscenandone – anche profeticamente – il crollo e la sconfitta.
La partitura e il libretto, che gli autori, prima di essere deportati ad Auschwitz, affidarono a due compagni di prigionia poi sopravvissuti alla Shoah, risorgono dal fondo dell’abisso in cui furono creati e giungono fino a noi come altissima testimonianza della forza politica ed etica dell’arte.
In questo volume – che presenta il testo del libretto in traduzione con l’originale tedesco a fronte –, Enrico Pastore racconta la storia dei due autori, illustra il contesto del ghetto e analizza il valore artistico dell’opera. A Marida Rizzuti è invece affidata l’analisi della partitura musicale, ricca di inserti provenienti dalla musica liturgica tedesca e da quella tradizionale ebraica, ma anche da blues, jazz e fox-trot.