E DENTRO LUCCICA – intervista a Giulia Fuso a cura di Antonio Esposito su Rivista Grado Zero
In questi giorni ho avuto modo di scambiare due chiacchiere con Giulia Fuso, attenta lettrice e autrice di due volumi di poesia, pubblicati per Eretica edizioni e Miraggi edizioni.
Giulia, presentiamoci. Nelle prime pagine del tuo Tu che dismetti mai le cose Jaime Andrés De Castro dichiara che per conoscere bene un poeta non basta leggerne l’opera, ma che bisogna provare a conoscere la persona che sta dietro le parole scritte. Però, ammettiamolo, non a tutti è data questa possibilità, quindi ti chiedo di mettere da subito le cose in chiaro: chi è l’“io” che appare nei tuoi versi? chi il “tu” a cui ti rivolgi? E come possono le parole annullare la possibile distanza tra autore e lettore?
Le parole non annullano in alcun modo la distanza autore lettore, distanza che a mio avviso è necessaria a volte. Perché dovremmo volerla annullare? La mia esperienza poetica è singolare così come lo è la tua. Capire le parole non è capirsi, né tanto meno entrare in sintonia. Al limite arricchirsi aggiungendo contenuto, cosa che ricerco spesso nelle letture che faccio. Da questo punto di vista non risulta necessario nemmeno spiegare il mio “io” e il mio “tu” che sono solo veicoli e hanno spazio marginale. Quello della poesia aperta è un discorso lunghissimo, ma resto convinta del fatto che spiegare non sia necessario, a volte auspicabile, altre decisamente superfluo.
Per questa chiacchierata ho letto entrambe le tue raccolte: E dentro luccica (Miraggi, 2017) e Tu che dismetti mai le cose (Eretica, 2018). In entrambi i casi l’approccio è stato quello del curioso, rimasto però, folgorato dall’immediatezza dei versi, dalle immagini nitide evocate e dalla loro composizione. Oltre ciò mi ritrovo, a malincuore, a dover confessare di non essere un buon lettore di poesie. Le poche volte che mi capita attingo a quella classica e mi oriento male in quella contemporanea – pur vivendo e godendo d’improvvise scoperte. Mi sapresti dire, secondo te, come può orientarsi nel maremagnum editoriale chi non frequenta questa forma? Quali sono le riviste, gli autori e gli editori di riferimento per chi come te pratica poesia oggi?
Qualche giorno fa parlavo con un amico che mi diceva intendere la poesia come una grande baraonda, ecco questo può essere un buon punto di partenza. Parlare di poesia è complesso e io non me ne sento mai in grado perché quando c’è vastità è necessario conoscere e conoscere è sempre fin troppo relativo per i miei gusti. Il mondo social ci ha sicuramente aperto una bella porta, in fondo si tratta di una vetrina a cui tutti accedono. Il rischio ovviamente è di ritrovarsi e leggere di tutto, dove non c’è un “criterio di ammissione” passami il termine, alcune volte viene a mancare la qualità. Questo però è un discorso semplicistico che non mi va di far mio più di tanto perché credo anche che la maggiore quantità di porte aperte diano maggiori scenari da analizzare e del buono si trova sempre. Conoscere così è una bella onda di ritorno.
Si può dire che per chi non ha mai frequentato il meremagnum della poesia sia necessario perdersi per entrare? Io non mi ricordo come ci sono arrivata, non parlerei certo di formazione scolastica però. Credo di aver iniziato ad appassionarmi per caso, comprando un paio di libri che ora non comprerei mai per esempio, ma tutto serve. Impossibile non nominare la Bianca Einaudi se si parla di poesia, a cui si aggiungono case editrici come Nottetempo e Marcos Y Marcos se parliamo di nomi più noti. Eretica, Pietre vive, Interlinea, Interno Poesia, Aguaplano sono altri nomi che mi vengono in mente e da cui attingo spesso.
Vittorio Lingiardi, Dario Bellezza, Giovanni Gandini, Mario Benedetti e Ivano Ferrari sono nomi che mi sento di fare, potresti iniziare da qui ma sono un puntino di partenza piccolo e questo è da intendere. Poi i classici si sa, vanno letti. (Sono un po’ provocatoria).
Nella tua scrittura c’è un rapporto diretto con la realtà: i gesti, gli oggetti, le sensazioni, le emozioni, attingono alla vita di tutti i giorni. E lo fanno in maniera diretta. Alessandra Piccoli ha parlato di “poesie take-away”. Tu come definiresti la tua produzione? C’è una linea di discendenza in cui provi a collocarti? Quali sono i tuoi riferimenti culturali?
Non mi colloco, non riesco ancora. Trovo tutto fin troppo nebuloso quindi evito di star qui a parlare del nulla. Il riuscire a definire la mia produzione è un passo che spero di riuscire a far presto, ma ora non è una necessità.
Nel tuo vocabolario interiore, quale definizione c’è alla voce “quotidianità”?
Per me quotidianità è confidenza. Sono una persona che adopera le mani e che crede fermamente che la misura delle quotidianità sia data dalla confidenza che si riesce a raggiungere con quello che si fa e forse con quello che si è. Il conoscersi è una scala a salire, ma approcciare con noi stessi è ancora l’unico modo che abbiamo per trovare equilibrio. Faccio meditazione e la trovo necessaria per riuscire ad andare avanti.
La tua ultima raccolta poetica risale a due anni fa, eppure chi ti segue sui social sa che stai continuando a scrivere: dove ti stanno portando i nuovi componimenti, hai un altro libro in cantiere?
I due libri che ho pubblicato sono usciti a distanza ravvicinata, ad un anno l’uno dall’altro. Non è stata una scelta, non la definirei tale. Credo piuttosto di averne avuto la necessità perché al tempo andavo veloce. Non ho mai presentato i miei libri, né il primo né il secondo, non ne ho mai parlato davanti a un gruppo di persone e mi risulta tutt’ora difficile farlo. Quello che mi sono riproposta prima di pubblicare un altro libro è di conoscere meglio me stessa e superare alcuni punti cruciali che mi impediscono di essere come vorrei. Nessun segreto quindi, voglio solo imparare a conoscermi prima che lo facciano gli altri in modo da sentirmi completa.
Sì, c’è un file pronto da essere letto, ci sono tante parole che per il momento però restano dove sono. Credo che sia un lavoro diverso, spero sia anticamera di una crescita ormai necessaria.
QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:
https://www.rivistagradozero.com/2020/06/02/intervista-i-versi-del-quotidiano-di-giulia-fuso/amp/