di Ippolita Luzzo
Il senso del fare il poeta.
Fa’ finta ossia fammi il poeta
(fallo tu)
Amo di un amore smisurato questi versi di Pasquale Panella, li porto con me e quando mi accingo a scriverne non riesco più.
Non è un monologo, è un soliloquio, nessun suono.
Come si possa costruire una meraviglia di versi sul continuo dirsi, nel silenzio e nella chiacchiera, mi sembra un vero incantesimo.
Incantata sto “Così che leggere è aggiungere i rumori, fingendo la leggibilità del soliloquio, che è illeggibile.”
Mi prende voglia che non sia vero, che non esista chi sappia così bene di cosa sono fatti i pensieri della solitaria, della solitudine, dell’essere soli, mi prende e mi accompagna verso il personaggio principale, “l’ascoltatrice”, colei che trascrive il soliloquio.
Il soliloquio, questa intima piazzata, questo comizio, questo convenire, qui, di un’oratrice che ha solo se stessa a ascoltarla, a ascoltarsi, a sentirsi regnante sul silenzio.
Il soliloquio come il mare, come le onde, come le maree, come il moto di rotazione della terra intorno a se stessa, come il respiro nei polmoni arriva, invade, ossigena e va via in anidride, il soliloquio occupa e si disperde nella testa, nel pensiero, va e ritorna.
Puro e bianco movimento che viene fatto e cancellato dal suo farsi.
Nel parlarsi addosso “torniamo alla mia voce che io sola sento” la raccontiamo a tutti, scrivendola su un foglio bianco, raccontiamo che vorremmo raccontare.
La volontà, la nostra ” è vero che ci capiamo, umanità?”
Fra disperazione e divertimento, fra ironia e dramma, facciamo di un foglio bianco il tramite di pensieri e azioni, il tramite di un messaggio scritto, perché se lei, la voce, scrive, scritto è.
In un mio antico farneticare scrissi “Dirlo a tutti per non dirlo a nessuno” ed in Poema Bianco (Miraggi edizioni), in questa delizia in versi, noi ci lasciamo andare dove il poeta ci vuole portare: essere cullati dalle parole, dalla ripetitività della certezza che ce le potremo dire ancora e ancora e ancora.
Non è con il pensiero
che ti ricordo
Non è con il ricordo
che ti penso
È un’altra cosa:
è il senso
Prima non era
necessario”
Salutando con un inchino un autore inarrivabile, un gigante, un grande, e sentendomi rispondere
Fa’ finta ossia fammi il poeta
(fallo tu).
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